La nostra rubrica su come gestire i conflitti sul lavoro, curata dal consulente STScasu Alessio Ferretti, volge all’ultimo episodio. Oggi parliamo di mediazione dei conflitti, un potere da non sottovalutare anche e soprattutto se si ragiona in termini economici.
Le guerre si vincono con i soldi. Quando il “nemico” finisce i soldi, finisce anche la guerra, a meno che i soldi non li finisca tu. La guerra finisce anche quando l’investimento necessario per sostenerla diventa “troppo” per giustificarne la continuazione. Prima di decidere se e come iniziare uno scontro, quindi, è necessario ben meditare su quali siano i nostri limiti economico-finanziari. Per capire se avremo o meno voglia e costanza per sostenere le battaglie conseguenti.
L’accomodamento amichevole attraverso un processo di mediazione dei conflitti è un modo per affrontare i problemi senza dover coinvolgere studi legali (se non per capire quanto siamo forti o dove siamo deboli). O, ancor peggio, varcare le soglie dei tribunali. Quindi, anche se informale, la mediazione costituisce una via verso la composizione ed è importante capire quali siano le sue possibilità di successo nella situazione che si sta esaminando.
Perché i meccanismi di mediazione funzionino, è strettamente necessario che le due parti in conflitto non abbiamo problemi a comunicare in modo rapido, veloce e costruttivo con il mediatore. Non si dimentichi che il successo dipende dalla nostra capacità. L’abilità di un mediatore si rivela anche dall’uso che esso fa degli strumenti di composizione dei conflitti, utili per aver ben chiari i contorni, le soluzioni alternative, le conseguenze.
Il processo di mediazione dei conflitti, infine, dovrà portare a prendere decisioni che abbiano un minimo di senso e, soprattutto, condivise dagli astanti.