“Buongiorno, mi chiamo Wolf, risolvo problemi” (cit.).
I problemi sono tanti e, qualunque problema tu risolva, ce n’era sempre un altro che andava risolto prima, che era più importante.
Sono “moderatamente” d’accordo. La teoria vuole che si faccia un elenco dei problemi, si dia loro un peso, si disegni un diagramma di Pareto e si cominci ad affrontare i problemi che, in base ad esso, risultano i più importanti.
La mia “moderazione” sta nel fatto che sono d’accordo si debba fare un elenco dei problemi e si dia loro un peso, ma non è detto che si debba affrontare per primo il problema che, a detta degli interlocutori, sia considerato il più importante. A volte vi sono grandi problemi che si trovano insieme a tanti piccoli problemi fastidiosi come un nugolo di zanzare, che provocano un malcontento generale e danneggiano l’ambiente.
Faccio un paio di esempi: nel software la locuzione “non funziona niente” è all’ordine del giorno, ma non aiuta granché nell’affrontare la situazione. Quando mi sento dire così vado in confusione, mi ritrovo nella nebbia della Valpadana. Allora comincio, con fatica, a cercare di farmi dire che cosa non funzioni.
- “Dimmi una cosa che non funziona”
- “Niente”
- “Allora funziona tutto”?
- “No, le stampe sono lente e così non possiamo lavorare”.
- …
Con il metodo “maieutico”, piano piano viene fuori una lista di criticità ognuna delle quali ha un suo peso.
Ma non bisogna guardare i problemi solo dal punto di vista “oggettivo”, bensì anche da quello “emotivo”.
Come dico sempre, io sono un informatico ma non un tecnico. Sono un umanista e il mio problema più grande non è quello di fare un sistema o di far funzionare le macchine: per fare questo ci sono i tecnici, e tutti sono più bravi di me. Tutti. Anche come umanista non sono il più bravo ma, dato che i risultati sono meno “on-off”, almeno me la gioco.
Se ho trenta problemi, magari decido di non affrontare subito i tre oggettivamente più importanti, ma preferisco affrontare quelli più facili. In questo modo non corro il rischio di lasciarti per un lungo periodo senza risultati e, intanto, un po’ di problemi te li ho risolti. Certo, restano quelli più importanti (a meno che non sia stato fortunato ed uno dei problemi importanti faccia anche parte di quelli facili).
Faccio un paragone amministrativo-contabile che forse sarà più comprensibile: alla fine del mese devo pagare i fornitori e non ho i soldi per pagarli tutti. Ho qualche fornitore di maggiore importanza e una pletora di piccoli. L’errore che molti fanno è quello di cercare di pagare i grandi, strategici, importanti e di lasciare a bocca asciutta i piccoli. Ma questi, essendo piccoli, hanno bisogno del mio denaro per poter andare avanti, allora mi telefonano tutti i santi giorni per avere quanto gli spetta, facendo pendere una quantità di tempo inimmaginabile al telefono.
Allora è meglio pagare tutti i “petulanti postulanti” e pagare solo parzialmente i grandi creditori che, comunque, saranno contenti di vedere un pagamento, ma la loro vita o la loro morte non dipende da quello. Probabilmente pagando al 90% tutti i grandi, tutti i piccoli possono essere soddisfatti. Ovviamente si deve stare molto attenti che quel 10% di pagamenti lasciati indietro non diventi una enormità insanabile.
Questo per dire che i problemi, di solito sono articolati, correlati e hanno molti aspetti e, prima di scegliere che cosa affrontare, si dovrebbe fare una valutazione più ampia rispetto alla puntualità del problema stesso. Magari un problema grande non è urgente come tanti problemi piccoli, o un problema piccolo risolto a monte sblocca la soluzione di altri a valle.
Non funziona niente: non si risolve. Ho una lista di mille problemi: si risolve (tutta).
Le priorità è meglio che le determini una persona neutra rispetto all’insieme dei problemi e che abbia una certa idea della difficoltà che vi possa essere nell’affrontarli e risolverli.