E di questo argomento, che cosa vogliamo dire? In tutti gli ambiti, in tutte le aziende, ci sono persone che si lamentano di questo o di quello perché potrebbe essere fatto meglio, perché non funziona, perché, perché e perché. Ora, mandiamo le sonde oltre l’orbita di Plutone, nello spazio interstellare e, probabilmente, i nostri problemi hanno soluzioni più semplici da immaginare e da mettere in pratica.
Vi posso assicurare che mandare un razzo “anche solo sulla Luna” non è per nulla banale, si deve tenere conto di tantissimi fattori… la Luna, quando arrivi, non sarà dove la vedi quando parti, la Terra oscilla e trascina l’astronave un po’ di qua, un po’ di là, la gravità non è “tutta uguale” e, nelle orbite, ti trattiene un po’ di più o un po’ meno. Di questi fattori dei quali tenere conto ve ne sono migliaia, ma sulla Luna si riesce ad andare lo stesso, e pure a tornare. Per fortuna, essendo anch’essa piatta, fatta di formaggio, non si presenta per il lato sottile, ed è più facile centrarla.
E, sempre per fortuna, tutto è noto, tutto è coerente, e si riesce a tenerne conto, salvo sottovalutare o dimenticarsi di qualche dettaglio e, allora, sono guai…. secondo me, a causa degli effetti relativistici, anche il “tempo” è un po’ diverso e bisogna tenerne conto.
Nella società civile e in azienda le cose sono diverse: vi sono persone che vorrebbero cambiare tutto senza cambiare nulla, anti-gattopardescamente, fare come si è sempre fatto ma che tutto cambi. Ma se tu posi sempre la penna a destra, difficilmente la troverai a sinistra.
Oggi usiamo le tecnologie più avanzate… non esageriamo, la posta elettronica è uno strumento di almeno trent’anni fa. Il mio telefonino di trent’anni fa era una specie di arma impropria che avrei potuto convenientemente scagliare contro un orso aggressivo e abbatterlo, che consumava come un camion militare americano della seconda guerra mondiale, e con il quale riuscivi a malapena a telefonare. Oggi, con il telefono, tra le altre cose, potresti usarlo anche per telefonare. In questo momento io lo sto usando per scrivere questo pezzo. Un po’ il telefono, un po’ il PC e tutto è meravigliosamente e miracolosamente sincronizzato.
Ma veniamo alla posta elettronica, croce di delizia degli spedizionieri: questo diabolico instrumento è bulimico, e la quantità di messaggi è tale che gli strumenti tradizionali non sono più in grado di maneggiarla. Chiedere che lo facciano è lecito, pretenderlo no… intanto non lo fanno.
La soluzione è semplice, anzi sono almeno due: la prima è che non si usi lo “strumento che abbiamo sempre usato”, il client di posta; la seconda è che non si usi la posta “tout court”.
É chiaro, la soluzione di non usare un client di posta non è un vero cambiamento, è solo usare uno strumento diverso per leggerla, che chiami servizio web, con un nome diverso, ma è sempre la stessa minestra, con meno vincoli. Forse.
Diversa è la decisione di non usare la posta, e usare uno strumento diverso in sua vece, per esempio un sistema per la gestione dei flussi di lavoro, magari chiamandolo con un nome altisonante come workflow manager.
È semplice e banale? No. Il problema non è tanto “tecnico”: comperi il programma, lo installi, lo configuri…. Ecco qui cominciano le cose difficili. Per configurarlo devi conoscere i tuoi flussi di lavoro, e questa informazione sta scritta nel manuale di qualità (già mi viene da sbellicarmi dal ridere, quante ne ho sentite! “Non lo abbiamo”, “ci serve solo per prendere la certificazione, ma poi ‘noi dobbiamo lavorare’”…), poi si deve fare formazione agli utenti (che hanno da fare le pratiche, mica perdere tempo in queste cose tecnologiche), e poi si deve cambiare il modo di lavorare (e qui stramazzo al suolo dal ridere, privo di sensi).
Quest’ultimo passo è senz’altro il più difficile. Eppure… se, invece di “lavorare” i messaggi di posta elettronica, si cominciasse a guardarli, ad analizzarne il contenuto, si scoprirebbe un certo numero di cose interessanti.
Intanto che ogni utente che si dice “oberato dalla posta”, magari, ne riceve “solo” una settantina che lo riguardi direttamente, e il resto è fuffa. Cose per le quali è messo in copia conoscenza per lo più perché così il mittente cerca di scaricare la responsabilità su qualcun altro “che glielo avevo scritto”. (Spesso si è in copia in messaggi che ci riguardano direttamente, lo so, ma faccio finta di niente, e ci sono altre cose che ometto altrimenti l’articolo diventa un trattato).
Di questi messaggi, una parte sono educati ringraziamenti, che migliorano il rapporto interpersonale ma fanno solo “volume”; gli altri sono messaggi “operativi”, per i quali ci si aspetta che l’interlocutore faccia qualcosa: non qualcosa di generico e imprevedibile, tipo “mangia una fetta di torta”, ma “con questa documentazione apri la pratica”, “ti invio documentazione supplementare o una modifica delle disposizioni”, inviami la documentazione”, “a che punto sei”, ecc., e adesso ne parliamo.
Parto dall’ultima perché mette le mani nel sangue: qui ci vorrebbe una risposta automatica: “se non avessi da rispondere a queste domande avrei finito”. Nel mio passato, ormai ai tempi dei dinosauri, mi sono occupato anche di logistica “pratica”: mi chiama uno spedizioniere che mi chiede se possiamo fare un “riempimento” (di container per i non addetti ai lavori), rispondo di sì, e questo mi dice che, allora, mi manderà un camion con quattro zattere. Ok, tutto a posto. Dopo un po’ comincia il delirio di telefonate e 80 (ottanta!) mail nelle quale mi si chiedeva dove fosse il camion, che la nave avrebbe “chiuso alle sei” e l’imbarco sarebbe fallito. “Ma che cosa cavolo ne so IO di dove sia il TUO camion, ho i computer, mica le sfere di cristallo”!
Questi sono deliri “time-consuming” che potrebbero essere convenientemente filtrati (ma anche evitati all’origine).
Comunque, “a che punto sono” te lo dico, te lo dice il mio sistema informatico in modo automatico, lo puoi andare a vedere direttamente sul mio sistema di tracking evitando due passaggi: il fatto che io scriva la risposta e quello che tu la legga aprendo la mail. Poi ci sono i messaggi veramente operativi, che vanno trattati con particolare attenzione e per i quali è prevista una nostra azione.
Anche in questo caso l’automazione dei processi potrebbe venirci in grande aiuto, per esempio catalogando i documenti in modo automatico in attesa del loro utilizzo e, sempre in modo automatico, dopo il loro utilizzo. L’azione potrebbe essere “dedotta” dal contenuto semantico del messaggio e da quello degli allegati, e potrebbe innescare un flusso di lavoro governato da liste di cose da fare, piuttosto che dalla lettura forsennata dei messaggi in arrivo. Anche i messaggi dubbi potrebbero in ugual modo essere trattati in modo automatico e finire tra le “cose da capire”.
Ecco qui che l’impatto della messaggistica elettronica diminuisce in modo drastico.
E poi? E poi ci sono altre mille e una buone pratiche che si possono mettere in atto, ma ci dilunghiamo troppo e l’articolo non si legge più.
Una cosa: avrete notato che ho usato le parole “capire”, “semantico”… forse perché potrebbe entrare in gioco l’intelligenza artificiale?
Ne parliamo la prossima volta.